IL WEB, IL BELLO E IL CATTIVO TEMPO
di Anna Merolle –
Il web è come il meteo, mutevole. Si passa dal pericolo di rimanere intrappolati in una bufera a una bella giornata di sole.
Si parla continuamente dell’impatto negativo del web sulle relazioni. Le connessioni digitali divengono uno spazio psicologico in cui estendere il proprio sé. Parliamo dell’identità online contro quella offline della vita reale. Le app di Instant Messaging (Whatsapp, Facebook Messenger, Telegram e così via) hanno preso il posto della comunicazione face to face. Ricerche e studi ci rivelano che all’interno della coppia si comunica più attraverso WhatsApp che di persona. Le emoticon sostituiscono la forza dell’espressione emotiva diretta e della sua presa in carica. Sono espressioni che nella simpatia del loro disegno e nel simbolo comunicano una forma easy di empatia. Inoltre una comunicazione romantica via sms aumenta la gradevolezza della relazione. Per fortuna, nonostante questi dati, i fiori via Interflora mantengono per chi li riceve sempre il loro effetto!
Proseguendo possiamo vedere come la relazione sia divenuta tascabile. La normalizzazione di questo stato rende la dipendenza dalle chat e il cybersesso due fenomeni in piena crescita. Utilizziamo una serie di razionalizzazioni che ci mantengono intrappolati in queste due realtà virtuali: lo fanno tutti, è solo un’estensione dei giornalini porno, è un gioco e cosi via.
Dietro si celano diversi aspetti, alcuni di questi riguardano la maschera data dall’anonimato; il piacere trasgressivo di sperimentarsi “un fake”; il desiderio di esplorare altre parti di sé, come ad esempio il gender switching (cambio di genere).
Se tutto questo lo contestualizziamo nella nostra società d’impronta narcisistica possiamo comprendere come un cyberspazio divenga un palcoscenico in cui inscenare parti di sé che spesso, nell’onnipotenza del disagio, porta al cyberbullismo e alla violenza di genere online.
Sulla premessa di questi effetti negativi del web, il fornire dei consigli educativi ai giovani ragazzi diviene essenziale.
Utilizzare la stessa nuova tecnologia con i suoi supporti multimediali per costruire delle lezioni sulla conoscenza del mondo virtuale. Credo sia importante portare ai giovani anche gli effetti positivi e non solo quelli negativi del web. Ogni qualvolta evidenziamo solo il negativo di una cosa, escludendone il positivo, induciamo psicologicamente nell’altro un desiderio trasgressivo nel verso contrario. Il celato ha su di noi un sapore attrattivo che ci porta alla sperimentazione. Quest’ultima può rivelarsi pericolosa senza indicazioni e per la giovane età rischia di essere fuori controllo.
Insegnare ai ragazzi la disciplina del saper aspettare. Oggi viviamo in una società improntata sul tutto e subito. La velocità diviene una metà da raggiungere. I videogames si basano tutti su degli obiettivi cronometrati e uno dei risvolti cognitivi è l’acquisizione di una reattività superiore. Quest’ultima si riscontra nella gestione contemporanea di più stimoli ambientali e di un buon livello di problem solving. I giochi virtuali divengono un buon allenamento alla Sherlock della serie televisiva! Da qui però anche gli effetti negativi: dipendenza, difficoltà a distinguere il reale dalla fantasia, cambiamenti di umore e aggressività.
Insegnare a distinguere il reale dalla fantasia. Oggi questo passaggio diviene assai difficile poiché nel virtuale si è inserito il reale. Con Facebook, il mondo quotidiano e il nome proprio entrano nel cyberspazio del social.
Stimolare i ragazzi verso esperienze reali che generano emozioni di pancia: dal teatro a una mostra o da un concerto a una finale di calcio.
Diamo ora uno sguardo agli effetti positivi del web.
Internet con le sue diverse varianti ci consente di essere parte di una comunità. In questa comunità possiamo esprimere in modo semplice i nostri stati e via via aggiornarli. Il fatto di condividerli e di sapere che c’è un pubblico che ascolta aiuta a superare l’isolamento di certi momenti. La condivisione e il sostegno che deriva da commenti, like ed emoticon (che recentemente Facebook ha reso ancora più immediate aggiungendole come “reazioni” accanto al tradizionale “Mi piace”), alzano il livello di connessione sociale. Ad esempio ci sono persone che condividono la maternità, i pasti social, oppure le delusioni d’amore e così via.
I social possono aiutare ragazzi con disagi psicologici e fisici a trovare nella comunità un luogo similare a un gruppo di terapia. E per chi non vive disagi particolari, la modalità online diviene una possibilità per dare carattere al proprio sentire fermandolo nella scrittura del post e nell’immagine scelta.
Ci aiuta ad annullare i confini dello spazio geografico. La forza dell’ubiquità diviene un’opportunità di tenere i legami. Grazie al web si può controllare ciò che facciamo e ciò che ci accade, compreso l’altro. Possiamo aprirci al nuovo e fare conoscenze o rintracciare il vecchio. Possiamo intrattenerci face to face nonostante la distanza geografica.
Il web fa sperimentare abilità a noi prima sconosciute. Grazie all’anonimato siamo protetti dal mondo reale e dall’incubo del giudizio. Ciò ci spinge nella sperimentazione di noi stessi, con speranza, oltre i confini dell’introversione e della timidezza.
Un mio paziente portatore di una storia di bullismo che lo ha reso insicuro, ansioso e traumatizzato da etichette, ha racchiuso in questa frase l’utilità ricevuta dai social.
Io non ero, grazie al web ho saputo cosa potevo essere
In quest’affermazione c’è l’esplorazione delle proprie potenzialità. Il mondo reale spesso ci impedisce di sentirci accettati in quanto tali. La paura frequente nei giovani in formazione è di essere tagliati fuori dal gruppo di appartenenza. Nel caso di questo paziente, il suo sostare nella sua camera da letto con il web, in massima tranquillità e in relazione con il mondo, seppur virtuale, gli ha permesso di esplorare le potenzialità della nuova tecnologia. Inoltrarsi in ambiti nuovi e affascinanti, come la fotografia, gli ha consentito di guardare a se stesso da un’altra angolatura. È stata una buona sferzata alla sua autostima accompagnata da un sentimento di maggiore sicurezza già nell’ipotizzare una sua uscita dalla stanza. I like e i consensi con commento sono stati uno sprone per sapere cosa poteva essere. La forza dell’anonimato ha consentito al mio paziente la protezione necessaria ai danni subiti dalle ferite del bullismo. Facebook e Istagram gli hanno fatto bene.
Questa testimonianza nulla toglie al pericolo di cadere nella sindrome dell’essere tagliati fuori. Il timore di essere fatti fuori crea una dipendenza dal web. La nomofobia è l’attaccamento morboso allo smartphone, una ricerca e visitazione continua ai consensi. Un allontanamento da questo oggetto produce disagio e insicurezza.
Oggi siamo tutti, giovani e grandi, alla ricerca di un posto. Spesso pensiamo che la nostra realizzazione passi attraverso dei binari fissi fatti di consenso sociale, successo, matrimonio, potere e immagine. La nostra realizzazione richiede invece un viaggio dentro di noi al di fuori dalle chimere reali e digitali.
Conoscere ogni lato del web con i suoi effetti psicologici ci orienta nel labirinto dei nostri bisogni ed emozioni. È di fronte a questi che noi costruiamo i miti. Sono proprio loro il vero pericolo, il web è soltanto la macchina che li produce.
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